ACCENDERE I RIFLETTORI SULLA MANCATA APPLICAZIONE DELLE NORME NAZIONALI SUL RANDAGISMO IN SARDEGNA

Spesso alcuni processi penali sono occasione per evidenziare i limiti delle norme vigenti e sono utili a modifiche della legislazione.

Al di là del suo esito, il procedimento penale contro i gattari sardi Andrea Atzori e Irina Albu, cominciato l’11 maggio al Tribunale di Oristano (prossima udienza 6 luglio), riguardante l’area d’ingresso alla colonia felina di fatto mai riconosciuta dalla PA, Oasi Felina Privata offre uno spunto interessante alla riflessione sull’ applicazione (mancata) delle norme sulle colonie feline nell’isola.

Applicazione e interpretazione delle norme nazionali sul randagismo nell’isola sono oggi fortemente limitative. La Sardegna è la maglia nera italiana per il rispetto dei diritti animali.

Il numero delle colonie feline riconosciute è scarso e i comuni fanno a gare per bocciare arbitrariamente le richieste di associazioni e gattari.

A balzare agli occhi è oggi in particolare almeno una delle quattro contraddizioni palesi della normativa regionale sarda, rispetto a quella nazionale sul riconoscimento delle colonie feline.

IL PROCESSO IN TRIBUNALE AD ORISTANO

Nel nostro caso infatti, così come in tanti altri nell’isola, la motivazione principe della pubblica amministrazione che ha portato a negare il riconoscimento della colonia felina era ufficialmente quella seconda la quale i gatti che vivono in luoghi NON pubblici o non aperti al pubblico non dovrebbero godere di tale status/riconoscimento formale.

Eppure nonostante ciò, saremo chiamati a rispondere di reati come “invasione di terreni e imbrattamento” (art.633 e 639 cp) per riparare e alimentare i gatti, che sarebbero stati commessi in uno spazio che la PA, ha considerato privato o comunque di nostra “pertinenza”.

PRIMA CONTRADDIZIONE, SPAZI PRIVATI

La normativa sarda infatti consente ai comuni di escludere” i luoghi non pubblici e non aperti al pubblico”, così che molte amministrazioni usano questo appiglio per bocciare in massa tante richieste.

Si tratta di una interpretazione restrittiva e limititativa della legge quadro nazionale.

Prescindendo dal fatto che lo stazionamento del gatto libero in una sola specifica area risulta oggettivamente complesso, la questione della netta separazione degli spazi vitali privati-pubblici esiste.

Al contrario più semplice appare la distinzione tra gatti di proprietà, che ovviamente dovrebbero essere esclusi dal beneficio delle sterilizzazioni pubbliche (anche se queste dovrebbero essere comunque incentivate per i privati) e i gatti di liberi.

In continente (solo in qualche caso nell’isola) al contrario i comuni da tempo riconoscono le colonie feline ovunque, anche negli spazi privati.

Oggi applicazione e interpretazione sono da tempo arbitrarie e disomogenee nel territorio regionale, ma anche all’interno delle rispettive province.

In Sardegna l’applicazione è variegata, solo nei comuni dove sono presenti amministratori sensibili al tema dei diritti animali, sono riconosciute da anni anche colonie feline condominiali, in siti non pubblici e dunque anche in proprietà private.

La legge quadro n. 281 del 1991 invece interpretata estensivamente necessità della solo presenza di due o più gatti liberi per il riconoscimento di una colonia felina, che lo ricordiamo, risulta fondamentale per le sterilizzazioni da parte delle Asl, per il controllo delle nascite feline, per limitare gli abbandoni e dunque per il benessere animale.

Gli esempi positivi e virtuosi di Quartu, Oristano e Abbasanta sono chiarissimi, il comune ha riconosciuto qui colonie feline anche su terreni privati.

Colonia felina riconosciuta su terreno privato ad Abbasanta


Insomma la normativa sarda andrebbe rivista in senso estensivo proprio per poter applicare pienamente la legge nazionale.

SECONDA CONTRADDIZIONE, AREE SIC

Assieme a questa modifica, andrebbe a mio avviso rimosso anche un altro ostacolo che è stato inventato e usato per bloccare il riconoscimento delle colonie feline in molti comuni sardi.

Si tratta della presenza dei gatti in zone, Sic- Sito interesse comunitario, che viene detto, giustificherebbe il mancato riconoscimento della stessa colonia felina, nel nome della tutela degli uccelli. Questo è un palese controsenso. Rammentiamo per i meno avvezzi, che la colonia felina (riconosciuta o meno) è uno stato di fatto, una presenza stabile di 2 o più gatti. E ancora meglio ricordiamo che la colonia felina Non è un gattile e neppure una struttura fisica, ma semplicemente uno spazio di stanzialità di felini liberi.

La colonia felina riconosciuta infatti necessità dell’assoluta sterilizzazione di tutti i gatti e dunque è la sola che garantisce la riduzione e la diminuzione della loro attività predatoria. Così pure dicasi per la regolare alimentazione umana di una colonia, che automaticamente riduce l’attività predatoria dei gatti sul territorio e dunque pure sulla fauna selvatica.

Se invece le colonie feline non vengono riconosciute numero e predazione dei gatti salgono, è matematico.

Proprio per tutelare fauna selvatica e uccelli occorre a maggior ragione istituire le colonie feline anche in area Sic.

Per questi motivi le norme regionali andrebbero modificate e le colonie feline devono essere riconosciute senza tentennamenti anche nei luoghi privati e nelle aree Sic.

TERZA CONTRADDIZIONE, RICONOSCIMENTO DEL COMUNE O ASL ?

La disomogeneità di applicazione nell’isola delle norme sul randagismo è pure evidente dal fatto che in alcuni territori sono direttamente le Ats, ex Asl a riconoscere le colonie feline in altri invece le stesse prima di istituzionalizzarle e poter procedere alle sterilizzazioni, attendono preventivamente il pronunciamento dei comuni, che spesso non arriva.

QUARTA CONTRADDIZIONE VOLONTARI E ASSOCIAZIONI

Non solo.L’attuale differente applicazione delle norme in Sardegna è evidente anche su un altro punto, ovvero sul fatto che i richiedenti il riconoscimento possano essere in maniera chiara anche singoli volontari privati e non solo le associazioni.

In continente, ma anche in tanti comuni sardi, ciò è chiaro, ma per alcune amministrazioni questo incredibilmente ancora non lo è e ciò rimane ulteriore ostacolo per il riconoscimento delle stesse.

Oggi abbiamo in Sardegna gattari che gestiscono e sono responsabili di colonie feline e dunque anche in questo caso, come le altre, limitare la possibilità di richiedere istituzione della colonia felina alle sole associazioni è un vero e prioprio abuso.

PROPOSTE DI MODIFICA DELLE NORME REGIONALI

In sostanza a nostro avviso occorrerebbe:

Applicare in senso estensivo la legge quadro 281/91 attraverso la modifica della legge regionali 21/94 e successive modificazioni in tema di randagismo eliminando in maniera chiara tutti e 4 limiti qui evidenziati:

 incentivare il riconoscimento di nuove colonie feline, anche in spazi privati (fin arbitrariamente esclusi da alcune amministrazioni comunali) e anche direttamente dalle ATS;

 riconoscere le colonie feline anche in aree parco-SIC e d’interesse naturalistico in tutta l’isola, affinché i felini anche in queste aree possano essere sterilizzati e così la loro presenza non costituisca un eventuale problema per la fauna selvatica;

 Regione e consorzi di comuni realizzino una struttura pubblica, fin ora non presente in Sardegna. di gattile sanitario, prima accoglienza felina.

Ricordiamoci (e ricordiamolo ai nostri amministratori) che più colonie feline istituite, significa più sterilizzazioni pubbliche e dunque più benessere animale e più decoro per città, paesi e borghi.

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One comment

  1. Marie-Christine Tillier

    In merito a questa legge (e all’impegno dei singoli cittadini) in Valle d’Aosta, ho partecipato personalmente alla sterilizzazione di diversi gatti di due colonie feline, e con un po’ di adozioni, siamo riusciti a pure a sradicare queste due colonie. Una vittoria a tutti gli effetti. Una legge veramente sensata 👏

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